Il mio Natale

I biscotti della tradizione di Nonna Iole, ormai sulle tavole di tutti, per far vivere quelle emozioni che provo fin da piccola e che solo la magia del Natale sa creare.

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Il Natale è decisamente il mio periodo dell’anno preferito, e come per me, per tanti altri. E’ sempre stato l’unico momento dell’anno nel quale tutto era concesso: buon cibo, parenti, amici, festa, giochi, ma la cosa più importante: i biscotti di Nonna Iole. Non abbiamo mai avuto una tradizione di panettone o pandoro artigianale, ma dei biscotti sì. Senza di questi, non poteva essere Natale.

Ricordo che iniziava intorno ai primi di dicembre ad impastare e sfornare circa una decina di ricette diverse; tante tipologie di biscotti tramandati di generazione in generazione, tipici del paesino dal quale proveniva: Collevecchio, in provincia di Rieti. Nonostante la sua età avanzasse, non ha mai smesso di cucinare per gli altri, soprattutto questo rito annuale del confezionare 1 vassoio di biscotti misti ad ogni nucleo familiare (e insomma, nella nostra famiglia ce ne sono un po’…). Lo faceva per amore: questo era il suo modo di prendersi cura degli altri.

Sono cresciuta con mia nonna e con questa tradizione, che dopo la sua morte 10 anni fa, è stata presa in carico da mia madre a fatica, per via del grande vuoto e dolore che aveva lasciato la sua scomparsa. Mi ricordo che fui proprio io a dire a mia mamma “non è Natale senza biscotti di Nonna, dobbiamo continuare a farli così lei resterà sempre qui con noi”. Inizialmente forse non voleva che io, noi tutti, ci rimanessimo male, e quindi timidamente ne preparava qualche tipologia, i più iconici e amati. Negli anni, però, penso che abbia trovato il modo di affrontare questo dolore attraverso la preparazione di questi biscotti, nel “fare”, per dimenticare e per colmare quello spazio vuoto che Nonna Io le aveva lasciato in mia madre, ma anche in tutti noi. E così, da circa 5 anni a questa parte, ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della cucina, proprio aiutando mia madre a preparare tutti questi biscotti, che sono davvero tanti, ed in due, fra lei che lavorava ed io che studiavo, riuscivamo a darci il cambio e a gestire tutto, proprio come fossimo un forno in piena produzione!

Insieme ci siamo sostenute emotivamente, e vedere le facce dei nostri familiari felici e appagati dal morso di uno di questi biscotti, ci riempiva il cuore.

Non solo, ci siamo anche sbizzarrite nell’introdurre nuove tipologie di biscotti anno dopo anno, ritrovandoci a gestirne anche fino a 13 diverse!

Ebbene, dico sempre che la cucina è lo specchio delle emozioni che provo. Proprio per questo motivo ho scelto di realizzare questa scatola “magica” in due versioni: una da 7 biscotti (a prevalenza vegetale), l'altra da 5 biscotti (tutti vegani), nel tentativo di portare sulle tavole di tutti i miei ricordi e di suscitare emozioni, anche attraverso le grafiche da me disegnate e sviluppate.

I biscottini di Nonna Iole erano, sono e saranno sempre una delle cose che più mi tocca il cuore, e da qualche anno a questa parte sono per me anche simbolo di sfida: riuscire a mangiarne tanti quanti da piccola, senza calcoli, schemi o sovrastrutture, abbandonandosi completamente al loro gusto e all’amore immenso che trasmetteva proprio la mia nonnina.

Nonna, “Il mio Natale” è per te. Non solo da parte mia, ma da tutti coloro che assaporeranno questi biscotti pieni del tuo amore.  

PAMPAPATO

Un dolce impastato a mano, per far sì che la frutta secca non si rompa. farina e miele servono giusto per creare l'impasto e metterlo "in forma" a mezza sfera; una specie di palletta grossa più o meno quanto un ugno.

Il nome "Pampapato" se lo è inventato nonna. Esiste il "panpepato" (simile, ma con pepe)e il "pangiallo" tipico del centro Italia ma che presenta, oltre alla frutta secca, il cioccolato ed una specie di copertura/glassa gialla (appunto da qui il nome). Il Pampapato, invece, è il dolce della nostra tradizione, di mia nonna. Non so da dove abbia preso il nome, forse nonna intendeva "panpepato", magari in una versione senza il pepe perché in paese lo preferivano così, ma dato che non sapeva scrivere (aveva la terza elementare)ha coniato il nome "Pampapato". Tuttavia, ormai per noi, questo è il suo nome!

Si dice che "più sta e più e bono" cioè, più tempo passa dalla sua produzione, più gli aromi si sprigionano e più è buono. Noi li prepariamo a fine novembre e arrivano anche a fine gennaio, correttamente conservati in una scatola di latta. Sottovuoto, poi, durano ancora di più (probabilmente).

La mia migliore amica Clara (conosciuta nel paese di nonna Collevecchio e che vive ancora lì) ha detto che sua mamma fa un dolce simile e che una volta se lo era dimenticato in dispensa: a pasqua era buonissimo.

Gli ingredienti sono pochissimi: noci, nocciole, uvetta e mandorle (quest’ultime aggiunte negli anni da mia madre) addolciti dal miele laziale, tenuti insieme da pochissima farina ed al profumo di vaniglia e arancia.

MOSTACCIOLI

Sono i preferiti di molti componenti della nostra famiglia come mio papà e mia cugina Laura.

No, non sono i classici mostaccioli che si conoscono in altre parti d’Italia, io non ne ho mai vista una versione del genere da nessuna parte!

Enigmatici per chi li deve cucinare. Perché? Perché sul blocchetto di Nonna Iole, la ricetta recita: “Farina, noci, miele, odore di cannella e vaniglia. Impastare non duri.”

Non ci sono dosi, niente. Mia mamma negli anni, ha interpretato le dosi così: 1/3, 1/3 e 1/3;tuttavia non vengono come quelli che faceva nonna. Ci si avvicinano tantissimo, ma non sono e credo non saranno mai uguali: erano duri duri, addirittura li poggiavamo sul termosifone per farli scaldare e far sciogliere un po' il miele, ammorbidendoli, per poi gustarli lentamente mordicchiando.

Chissà se un giorno, magari in un sogno, apparirà mia Nonna ad insegnare sia a me che a mia madre, questa sua ricetta segreta…

 

CIAMBELLINE

Se l’infinito è numerabile, penso sia il numero di ciambelline mangiate in tutta la mia vita; queste ciambelline. Forse l’unico biscotto che mia Nonna Iole cucinava anche in altri periodi dell’anno, non solo a Natale.

Sul mio sito ho pubblicato la ricetta de "le ciambelline di irene e iole" , un omaggio a questo biscotto, del quale ho preso la ricetta "base" ,tradizionale di Nonna, arricchendola con qualche mio guizzo personale, ma senza troppi stravolgimenti.

Ad ogni modo, nella scatola de “Il mio Natale”, ho deciso di inserire le ciambelline realizzate con la ricetta originale. Una curiosità? Non ci sono grammature per questa ricetta, ma le dosi sono date in “parti”, ovvero tramite l’utilizzo di un bicchiere come misura di riferimento.  

Gli ingredienti sono pochi, semplici, e naturalmente vegetali: farina, vino bianco, zucchero, olio di semi, semi di anice, scorza di limone ed una punta di cannella.  

Mia nonna formava delle ciambelline dalla forma perfetta: ancora ricordo quando mi intrufolavo in cucina e vedevo lei che formava questa grande fontana di farina sulla spianatoia, aggiungeva tutti gli ingredienti al centro, ed iniziava a mescolare prima con una forchetta e poi con le mani. Diceva:  “La farina quella che prende”, e così, a parole, mi insegnava pian piano a cucinare, tant’è che queste ciambelline sono fra i miei primi manicaretti!

Mia mamma oggi si arrabbia perché a lei non le vengono le ciambelline con il buco perfette, non ci è mai riuscita a farle tutte uguali come Nonna. Da quando sono subentrata anche io ad aiutarla a fare i biscotti, sono io l’addetta alle ciambelline, perché “uffa, ma perché tu le sai chiudere così perfette! A me non mi riescono!” (Cit. mia madre).

 

NOCCHIATINE

Le “nocchie” sarebbero le nocciole, vengono chiamate così nel centro Italia, ed essendo l’ingrediente principale di questi dolcetti, ne hanno caratterizzato il nome.

Sono di sapore uguali ai più conosciuti “brutti ma buoni”, hanno gli stessi ingredienti: nocciole ezucchero. Tuttavia non sono brutti! Anzi, ci vuole precisione: ogni Nocchiatina è una pallina d’impasto formata roteandola fra le mani!

Non credo siano le preferite in assoluto di qualcuno nella famiglia, ma di sicuro non possono davvero mancare, perché piacciono proprio a tutti!

Nella versione originale di mia Nonna, gli ingredienti erano nocciole, zucchero ed albumi con profumo di limone e vaniglia. Nella versione de “Il mio Natale” ho scelto di rivisitarle in chiave vegetale, sostituendo l’albume d’uovo con una proteina di patata che ha le stesse caratteristiche strutturali dell’uovo. Sono rimasta davvero sorpresa dal risultato IDENTICO della versione vegetale, rispetto a quella tradizionale!

 

AMARETTI

Forse i miei preferiti da bambina, e amati da tutti, specialmente da mio fratello.

La loro forma è uguale alle Nocchiatine, ma con un piccolo pezzettino di candito incastonato in cima.

Mia nonna, da buon retaggio anni ’70, utilizzava le classiche ciliegine candite rosso o verde acceso. Io ho optato per delle vere ciliegie candite artigianalmente dal mio amico Massimiliano.

Mi ricordo che da piccola rubavo gli amaretti appena sfornati dalla teglia ancora calda, quando davano il meglio di sé: esterno croccante e cuore morbido. Mia nonna mi sgridava perché “Questi sono per Natale!” e faceva gesti come per rincorrermi con la cucchiarella in mano. Io, però, li prendevo comunque di nascosto, perché erano talmente buoni che non riuscivo a resistergli!

 

MORSELLINI

“Cantucci”, “Tozzetti”…no, “Morsellini” ! questo è il nome che dava mia Nonna a questi bis-cotti(letteralmente, perché subiscono una doppia cottura). Il loro è un gusto semplice: profumo di limone e vaniglia, arricchiti dalle nocchie. La particolarità è nell’utilizzo del citrato tritato all’interno dell’impasto, che conferisce gusto e struttura.

Negli anni mia madre ha modificato questo biscotto sostituendolo con un’altra ricetta di un tozzetto mandorle e cioccolato datagli dalla sua amica Barbara. Io, però, ho scelto di riportare in auge il vero erede, il preferito da mio zio Roberto da intingere nel vino, riadattando la ricetta originale di Nonna (che prevedeva le uova) in chiave completamente vegetale!

 

GINGERBREAD

Di sicuro mia nonna nemmeno sapeva cosa fossero i pan di zenzero, ma questi biscottini speziati sono stati piacevolmente aggiunti da mia madre negli ultimi anni, probabilmente a seguito di qualche lettura online e dei suoi viaggi nelle grandi capitali europee.

3 anni fa, durante il mio periodo di Erasmus in Germania nel quale mi sono ammalata di DCA, mia madre venne a trovarmi di sorpresa per non lasciarmi sola, poco prima che io tornassi a casa in Italia per le vacanze di Natale. Nonostante in quel periodo avrei dovuto concentrarmi solo su me stessa e sul mio percorso di cura, in quei pochi giorni dissi “Mamma ma se non ci sei tu a Roma a fare i biscotti per Natale, chi li fa quest’anno?”. Ebbene sì, li abbiamo cucinati insieme proprio lì, in Germania, nel mio piccolo appartamentino. E furono proprio i Gingerbread ad essere emblematici: non avevamo la formina dell’omino, dunque nel mercatino di Natale della cittadina, comprammo una formina a forma di volpe (proprio come il nostro cognome di famiglia) e la usammo per realizzare questi biscottini speziati. Ce lisiamo portati poi fino a Roma, e quella formina ora la usiamo ogni anno!

Questi biscotti sono, secondo me, il simbolo della tradizione che negli anni si evolve e si contestualizza, avendo io poi a mia volta preso la ricetta di mia madre e resa completamente vegetale! Sono due anni che la mia versione è nei vassoi di tutti, e sono diventati un must have tanto quanto gli altri!

 

La sostenibilità per me è molto importante in cucina e nella vita. Non potevo, dunque, scegliere ingredienti che non rispettassero i miei ideali quanto possibile.

Per questo motivo ho scelto di riadattare alcune ricette tradizionali di mia Nonna che prevedevano l’utilizzo delle uova, in chiave vegana, sostituendo l’albume (come nel caso delle Nocchiatine e degli Amaretti) con una proteina isolata della patata dell'azienda VeggFast, il quale impiego mi ha piacevolmente stupito!

Il miele è l’unico ingrediente di origine animale che si trova in due tipologie di biscotti: Pampapato e mostacciolo. Ho deciso di non sostituirlo perché se scelto sapientemente, può essere sostenibile. E’ il caso del Millefiori utilizzato per questi biscotti. Marco, de l’Agricola Semplice Terrae dei Volsci, raccoglie questo miele da fioritura estiva nei pressi di Roma, proveniente da apicoltura Nomade, biologica certificata, ovvero dove le arnie sono spostate per seguire le fioriture delle piante, seguendo il ciclo della Natura.

Tutta la frutta secca utilizzata proviene dal territorio Italiano, come anche la farina.

Non ci sono Aromi, ma solo tanto profumo dato dalle scorze degli agrumi, la bacca di vaniglia e le spezie.

Anche il più piccolo dettaglio è stato selezionato con cura, come i canditi in cima agli Amaretti. Ciliegie di Celleno, un paesino vicino Viterbo che ha come produzione importante proprio le ciliegie, denocciolate a mano una ad una e candite artigianalmente dal mio amico Massimiliano, proprietario dell’azienda “Lamponi dei monti Cimini”. Fatevi venire in mente anche il più strano dei vegetali, e lui lo renderà candito!

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